domenica 18 settembre 2011

first view of the same story



sono seduto sulla tazza e mi guardo i lacci delle scarpe. rapido calcolo su quelle che sono le mie finanze. o meglio, rapido calcolo di ciò che RIMANE delle mie finanze; 2,37 euro in "contanti" e una decina di euro a credito. mi sento un pò un ricco banchiere ebreo all'epoca della repubblica della Serenissima, e chiaramente l'espressione non ha alcun tocco antisemita. l'espressione Serenissima.

mi alzo che sono le otto cullato da canti serbo-croati e dolci rumori di martellate. già, gli operai. scendo.
preparo il caffè di rito, il primo dei quindici che mi aiutano a giungere a fine giornata, e che mi aiuteranno a giungere a una morte precoce per arresto cardiaco.
il caffè che mi farà risparmiare 90 cent se bevuto a casa.

ringrazio Jah per aver fatto si che la Musa abbia lasciato un'intera scatola di biscotti artigianali. alla marmellata d'albicocca. non li ha lasciati per me, non perché avrei potuto aver fame appena sveglio, piuttosto perché "troppo brutti" a suo giudizio. ne sgranocchio un paio e definisco i dettagli dell'INCONTRO. si, l'incontro con IO, che ho scoperto essere nella stessa città ove mi trovo io e che non è la nostra.
come dice un detto curdo, "non vieni da nessuna parte fino a che non ti sposi".

è tutto il giorno che rifletto su quale sia il senso di vieni.
tuttavia qualsivoglia interpretazione si attribuisca al verbo "venire" la correttezza del proverbio rimane comunque inoppugnabile. questi curdi ne sanno una più del diavolo.

con queste riflessioni nella mente mi avvio al parchetto, noto luogo di ritrovo per tutte le culture dalmate fiumane e istriane che popolano queste zone. gli italiani mi uccidono, non sanno nemmeno a chi siano intitolate le piazze, cosicché sia indispensabile specificare sotto la targhetta il ruolo rivestito da colui che ha lasciato in eredità il suo nome.

lo incontro, mentre sono immerso in uno stato di estasi completa provocata dalla lettura del libro. o meglio, lui incontra me, io non me ne sono accorto.
caffè al bar ( i 90 cent prima risparmiati vengono così maledettamente scialacquati ) e poi lo convinco a seguirmi nell'impresa. si, riuscire a trovare un lavoro in questo paese è un impresa. e a me serve!
chiacchierando di suore e della possibilità per me di fare lo gigolò (cosa non condivisa da IO quando gli salta in mente che potrebbero esserci non solo LE clienti ma anche I clienti) finiamo per girare in tondo almeno per un'ora, con un solo curriculum depositato. gli concedo il congedo. magari la sua donna lo sgrida, oggi portava i pantaloni.
non prima di una sigaretta, che io fumo e lui desidera. ma non me lo dice.

ripenso alla f*********i, dove non hanno voluto il mio curriculum ma se vedessero come scrivo bene non finirei dietro il bancone, finirei in vetrina.

così per ora devo accontentarmi della mia auto-pubblicità. e di amici in kilt in centro città.

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