sabato 19 novembre 2011

attacchi di hipsteria di massa









il negroni che guardavi dall'alto e mescolavi







occhiali grandi come la mia televisione a tubo catodico, giacche che sembrano appena estratte da un fumetto di corto maltese, camicie riesumate da angoli nascosti degli armadi, nascosti proprio perchè portatori di imbarazzo. snickers usurate e sporche, nella misura in cui tale usura e tale sporcizia assomigliano all'ideale di sporcizia e usura che rendono interessanti; sciarpe contestabili, cappellini che solo cinque anni fa non sarebbero usciti dal vostro armadio, figuriamoci farci una serata. rimorchiando. 
ne ha parlato il Times, ne ha parlato la Repubblica. la sensibilità umana snob, la decadenza, "una malinconia che male si intonava coi tuoi leggings fluorescenti". c'est l'hipster. 
da bravo ignorante quale mi spaccio, ho deciso di non giudicarli dalle apparenze, ma di cercare di conoscerli per davvero, di leggere qualcosa su di loro, di chiedere, di scoprire cosa vuole dire veramente essere hipster. ho fatto l'unica cosa che si poteva fare. wikipedia.it. scopro con mia grande sorpresa, e son sincero,  che nessuno ha inventato niente, ma che l'hipster, quello vero originale, è nientepopodimenoche una figura culturale degli anni 40'. bianchi appassionati di bebop. col secondo dopoguerra poi, il loro pensiero di è evoluto, sviluppando un vero e proprio movimento culturale. Così movimento culturale da interagire con quelli che allora erano i movimenti alla ribalta, like la beat generation. esempi? Kerouac li considerava anime erranti portatrici di una speciale spiritualità. si Jack, quello di On The Road. Mailer invece, nel suo saggio del 1967 intitolato Il Bianco Negro, ne da la prima vera definizione. Gli hipster erano esistenzialisti americani, che vivevano la loro vita circondati dalla morte - annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale - e che decidevano di «divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell’io».
si Norman. Norman Mailer. massì dai, Mailer! quello di quel libro...com'è che si chiamava...aspetta, l'ho riletto ieri... 
voglio soffermarmi ancora un istante per un'ultimo sguardo, per dare una forma più completa a questa figura sfuggente, e per fare questo userò le parole di Frank Tirro, datate millenovecentosettantasette. 
Per l’hipster, Charlie Parker era il modello di riferimento. L’hipster è un uomo sotterraneo, è durante la seconda guerra mondiale ciò che il dadaismo è stato per la prima. È amorale, anarchico, gentile e civilizzato al punto da essere decadente. Si trova sempre dieci passi avanti rispetto agli altri grazie alla sua coscienza. Conosce l’ipocrisia della burocrazia e l’odio implicito nelle religioni, quindi che valori gli restano a parte attraversare l’esistenza evitando il dolore, controllando le emozioni e mostrandosi cool? Egli cerca qualcosa che trascenda tutte queste sciocchezze e la trova nel jazz.
Frank, Frank Tirro...dai, l'amico di Mailer...




ora: cosa centrano Charlie Parker, il dadaismo e la spiritualità con questo?




dopo banali riflessioni, mi accorgo che è semplicemente l'ennesima maniera per uniformarsi, per un motivo o per un altro. che io stesso, per quanto nella mia molteplicità e col rifiuto di tale etichetta, io stesso sono il primo a uniformarmi. forse sono addirittura un pò hipster. col rifiuto di tutto quello che è pop(olare), con un gusto per il vintage e il retrò spuntato dal nulla, la presa di posizione pro vinile nell'eterna lotta culturale sui supporti musicali. la fotografia, analogica più per mancanza di soldi che altro, i film sconosciuti ai più, i fumetti underground.
mi vesto persino come un coglione.
sono decisamente hipster.
mapporcaputt.








ah, e comunque, l'indie fa cagare. qualunque cosa sia. 


[tutto il corsivo che vi si trova è opera altrui. I Cani. fatevene una ragione. ]

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